Il secondo appuntamento mensile sul Pink Ring di IncontraDonna, presso la sede dell’Ordine dei Medici di Roma, ha visto quasi raddoppiare le partecipanti. Il tema, nonostante il termine straniero “Il caregiver sono io” era attrattivo. Anche se il prendersi cura degli altri viene considerato una “normale” caratteristica femminile non è proprio la stessa cosa quando ci si deve prendere cura di un malato o addirittura di noi stesse in condizione di infermità. Il paziente se certamente patisce, soffre, spesso non è affatto paziente nel sopportare il dolore e le cure. I limiti della condizione umana e della durata e del senso della vita vengono improvvisamente alla ribalta e non è facile far fronte alle domande esistenziali e nello stesso tempo ai pressanti problemi quotidiani.

Una serie di video preparati e interpretati dalle attrici del nostro Laboratorio di Anna ci ha aiutato a considerare i differenti modi in cui ciascuno di noi, a seconda del proprio vissuto, vive questa funzione. Certamente l’elaborazione di queste brevi storie ha fornito alle attrici l’occasione per elaborare anche il loro vissuto ma non è stato lo stesso per alcune di noi che si sono trovate a ripensare non solo alla loro esperienza più o meno recente ma anche a vissuti precedenti in occasione della morte di alcune persone care.

Non era facile trattenere le lacrime ma ci ha aiutato la serenità della brava psiconcologa Anna Costantini che ci ha fatto presente come non dobbiamo avere sensi di colpa se a volte si sente il bisogno di sottrarsi a un compito così impegnativo. Anzi ci ha ricordato che, per evitare il cosiddetto “burn out” ovvero il tracollo per eccesso di stress, bisogna dare peso ai segnali del corpo: mancanza di sonno, irritabilità… non vanno sottovalutati. I figli giovani non devono farsi carico interamente della cura dei genitori. Dovrebbero continuare a frequentare i coetanei e fare una vita quanto più possibile normale.

Resta forte l’idea che comunque nella malattia il primo caregiver è il paziente stesso, che può appoggiarsi a persone care e disponibili, riconoscendo la propria fragilità, ma in spirito di collaborazione, attingendo alle proprie, anche se inevitabilmente, scarse, risorse.

È stata una mattinata di intense emozioni che abbiamo condiviso, alcune raccontando se stesse, altre meditando, ma per molte di noi la conclusione è stata che il nostro “caregiver” è stata IncontraDonna perché l’ascolto e la condivisione a volte curano più di un farmaco.