Una delle domande che piu’ di frequente ci si pone quando si scopre di avere un problema al seno e’: “ …e adesso dove vado a farmi curare?” 

 

Un articolo pubblicato su Annals of Surgical Oncology sembrerebbe rispondere a questa domanda.

In uno studio condotto in Belgio, 25.178 donne con diagnosi di carcinoma invasivo al seno, diagnosticato tra il 2006 e il 2008 e trattate in 111 diversi ospedali, sono state seguite per verificarne la sopravvivenza a cinque anni
(comunque molto buona).
Si e’ visto che a parità di fattori prognostici, vale a dire dopo aver considerato le diverse caratteristiche della malattia (età, grado, stadio), ciò che incideva maggiormente sulla sopravvivenza era il “volume” ospedaliero, ovvero il numero di pazienti con tumore al seno trattate(i) presso quell’ospedale in un anno. Ospedali che trattavano meno di 50 pazienti presentavano
la sopravvivenza piu’ bassa, quelli con più di 150 pazienti all’ anno la sopravvivenza piu’ alta.
Ad una analisi più dettagliata i fattori che sembravano influenzare positivamente questo dato erano:
la presenza all’interno dell’ ospedale di riunioni di team multidisciplinari, una diagnosi citologica e/o istologica preoperatoria, l’uso della chemioterapia neoadiuvante (se necessaria), la percentuale di interventi chirurgici di tipo conservativo, l’utilizzo della radioterapia adiuvante dopo un intervento chirurgico di tipo conservativo e la mammografia successiva (follow-up).
L’articolo concludeva che: “I benefici di sopravvivenza riportati negli ospedali a volume alto suggeriscono una migliore applicazione dei processi di cura raccomandati, giustificando la centralizzazione della cura dei tumori al seno in suddette strutture.”

 

P. Peltoniemi et al: Annals of Surgical Oncology (2011) 18:1684–1690 

 

Uno studio del “Sole 24”, anche se un po’ datato e parzialmente superato, ha analizzato in passato gli ospedali italiani sulla base del “volume” nel campo degli interventi al seno e potrebbe dare alcune indicazioni anche per la situazione italiana.
Sarà soprattuttonecessario ricordarsi di preferire sempre le strutture accreditate a livello nazionale e internazionale e quelle che presentano le cosiddette “Breast Unit” o Unità di Senologia, previste anche dalla legislazione
europea.