l Manifesto 2025-2027 di IncontraDonna  formalizza il nostro impegno rinnovato nella Patient Advocacy con un piano pluriennale volto a  promuovere la salute per la collettività e ad implementare un efficace patient journey in oncologia.

La Fondazione si rivolge da anni non solo ai pazienti, ma anche a clinici, Istituzioni, caregiver e
alla popolazione generale e con il presente Manifesto punta a continuare e sviluppare nel prossimo triennio 2025-2027 un percorso di awareness  su almeno 3 livelli di principali esigenze di
salute pubblica connesse ad ogni fascia di età della popolazione come di seguito illustrato.

Il Manifesto si evolverà ulteriormente al fine di rispondere ai bisogni della popolazione e delle persone
affette da patologia.

Le tre aree prioritarie di intervento

  • Prevenzione e Health Literacy: promuovere una comunicazione chiara e corretta, ampliando la conoscenza delle opportunità di prevenzione offerte dal Sistema Sanitario Nazionale.
  • Screening e gestione dei pazienti oncologici: garantire diagnosi tempestive e una gestione ottimale per migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici.
  • Gestione delle cronicità: affrontare l’aumento delle malattie croniche, con particolare attenzione al tumore metastatico della mammella e alle sfide legate all’invecchiamento della popolazione.

Al fine di costruire una più efficiente comunicazione, e per garantire alla popolazione una migliore informazione rispetto alle opportunità di prevenzione e cura offerte dal nostro SSN, occorre promuovere la cultura sanitaria con strumenti rivolti anche alle fasce più giovani della società. 

Favorire “l’alfabetizzazione alla salute, che comprende le abilità cognitive e sociali che determinano la motivazione e la capacità degli individui di accedere alle informazioni, di comprenderle e utilizzarle in modo da promuovere e mantenere una buona salute”, è cruciale per promuovere la prevenzione primaria e stili di vita corretti. In questo contesto, la collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del Merito è essenziale per integrare l’educazione sanitaria nei programmi scolastici, assicurando che i giovani acquisiscano queste competenze già in età scolare. Inoltre, la collaborazione con il Ministero dell’Università e della Ricerca è fondamentale per estendere queste iniziative ai giovani over 18, favorendo l’acquisizione di queste competenze anche durante il percorso universitario. In questo modo, si riduce il rischio di insorgenza di malattie o eventi sfavorevoli.

In questo scenario, la prevenzione, soprattutto tra i più giovani, rappresenta quindi un obiettivo prioritario di sanità pubblica per diverse ragioni: 

  • l’elevato numero di persone che si ammalano e che, asintomatici, contribuiscono a contagiare altre persone;
  • la maggiore diffusione di stili di vita sani e utili a prevenire l’insorgenza di patologie ad alto impatto per i pazienti e per il SSN; 
  • l’aumento delle possibilità di prevenire e curare efficacemente una percentuale più alta della popolazione.

Una maggiore consapevolezza sanitaria dei giovani porta anche a risparmi economici per il sistema sia a breve che, soprattutto, a lungo termine, favorendo l’adesione ai programmi di vaccinazione e, promuovendo stili di vita sani e adesione agli screening nella popolazione adulta.

I dati dell’Italian Barometer Obesity Report 2022 mostrano, per esempio, che l’Italia è tra i paesi con il più alto tasso di obesità infantile in Europa, nelle fasce più giovani, tra i 3 e i 17 anni, con 2,2 milioni di pazienti, soprattutto al Sud e nelle Isole. In questo contesto, si rende quindi necessario introdurre e potenziare programmi mirati nelle scuole, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del Merito, per sensibilizzare i giovani sull’importanza di scelte alimentari sane e regolare attività fisica come strumenti di prevenzione e di contrasto all’obesità, tra i principali fattori di rischio per patologie come il diabete di tipo 2, le patologie cardiovascolari e alcune forme di cancro.  

In questo ambito di educazione alla prevenzione, occorre inoltre menzionare il fumo di sigaretta. Secondo l’American Cancer Society, il consumo di tabacco è responsabile – ogni anno nei Paesi industrializzati – di circa il 30% di tutte le morti. In Italia si stima che nel 2021 il 9% di tutti i decessi (pari ad oltre 61mila morti) sia attribuibile al consumo di tabacco che è largamente diffuso tra le fasce giovani della popolazione nonostante la consapevolezza dei danni e dei rischi legati a questa abitudine che non si limitano al tumore del polmone e che si estendono anche ai tumori del cavo orale e gola, esofago, pancreas, colon, vescica, prostata, rene, seno, ovaie, ad alcuni tipi di leucemie e a malattie cardio-cerebrovascolari.

Inoltre, è fondamentale affrontare i disagi psicologici dei giovani, come ansia, depressione e disturbi alimentari. A tal fine, il Ministero della Salute, l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza e l’Istituto Superiore di Sanità hanno sottoscritto un protocollo per tutelare la salute mentale e il benessere psico-fisico di bambini e adolescenti.

Interventi di politica sanitaria rappresentano anche uno dei primi strumenti per limitare il diffondersi delle infezioni sessualmente trasmesse (IST). Queste costituiscono un vasto gruppo di malattie infettive molto diffuse in tutto il mondo, e possono essere causa di sintomatologie acute e infezioni croniche nonché rappresentare un fattore di rischio per l’insorgenza di patologie tumorali e per l’infertilità. Al momento, tra le IST più diffuse tra i giovani vi è l’infezione da papilloma virus (HPV), e secondo il rapporto “Conoscenza e prevenzione del Papilloma virus e delle patologie sessualmente trasmesse” del CENSIS, solo il 15,3% dei giovani di età compresa tra i 12 e 24 anni si considera informato sul tema

Dati di AstraRicerche mostrano che circa il 40% dei giovani tra i 18 e i 29 anni conosce l’HPV, ma non sa cosa sia, mentre il 10% crede che riguardi solo le donne. In questo contesto, risulta fondamentale sensibilizzare la popolazione sulla possibilità di prevenire il tumore da HPV attraverso la vaccinazione, che rappresenta uno degli interventi più efficaci. Infatti, l’HPV è l’unico tumore che si può prevenire grazie al vaccino. L’Europa ci chiede, entro il 2030, di raggiungere un tasso di adesione del 90% della popolazione target sia per gli screening oncologici che per la vaccinazione contro l’HPV, come indicato nello Europe’s Beating Cancer Plan. Educare i giovani alla prevenzione delle IST, anche nelle scuole, e dei loro effetti è essenziale per ampliare la conoscenza di queste malattie ancora poco note in Italia. Inoltre, è cruciale che vengano promosse iniziative di sensibilizzazione capillare sul territorio, coinvolgendo le ASL in progetti locali che possano raggiungere direttamente la collettività. La collaborazione con le ASL permetterebbe di organizzare momenti di informazione diretta, rafforzando l’impegno della comunità nella prevenzione primaria .  Investire nella cultura della prevenzione primaria equivale, dunque, ad aumentare la consapevolezza sugli effetti dell’HPV, sulle modalità per prevenire il contagio e sulle opportunità di vaccinazione.

Ad oggi, oltre alla vaccinazione contro l’HPV, sono disponibili numerosi vaccini d’uso corrente e di grande efficacia contro malattie gravi e mortali ma in molte regioni le coperture vaccinali faticano a raggiungere gli standard internazionali, aumentando così i costi sanitari e sociali per chi si ammala.

La vaccinazione è considerata uno degli interventi di sanità pubblica più efficaci, sia in termini di tutela della salute della popolazione generale e delle categorie maggiormente esposte, che di costi, in quanto previene gli oneri economici associati al trattamento e alla cura delle persone che si ammalano. Nonostante le evidenze, la conoscenza da parte della popolazione (specialmente quella a rischio) dei benefici derivanti dalle vaccinazioni e l’adesione a queste strategie preventive è però ancora troppo scarsa. Risulta quindi di fondamentale importanza rafforzare le relazioni di fiducia fra la società civile e i professionisti della salute, anche tramite il coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale, la diffusione di un’informazione adeguata e l’accesso facilitato alla vaccinazione per i pazienti “fragili”. Un declino della risposta immunitaria correlato all’età, associato alle frequenti patologie concomitanti, comporta una maggiore suscettibilità alle infezioni e un rischio di maggiore gravità della malattia infettiva negli anziani. Questo fenomeno, a fronte del progressivo invecchiamento della popolazione, rappresenta una crescente sfida per la sanità pubblica.

Particolare attenzione anche per i soggetti affetti da particolari condizioni morbose come i pazienti oncologici che, a causa di un sistema immunitario compromesso dal tumore stesso e dagli effetti delle terapie, sono maggiormente esposti al rischio di contrarre infezioni, peggiorare le condizioni cliniche e ritardare la tempistica delle terapie oncologiche. 

Secondo dati AIOM, il 20% dei pazienti italiani, colpiti da cancro, non ha mai parlato di vaccinazioni con il proprio oncologo e non si sente abbastanza informato su questo tema. Il 56% non conosce i rischi di una mancata immunizzazione. L’80% non è consapevole del fatto che una corretta vaccinazione può contribuire a migliorare i risultati delle terapie anti-tumorali.

Infine, l’approccio One Health, che riconosce il legame tra salute umana, animale e dell’ecosistema, è essenziale. La prevenzione primaria deve integrare questo approccio, come sottolineato dal Ministero della Salute e a livello internazionale, per affrontare la salute in modo multidisciplinare. 

Il Manifesto di Fondazione IncontraDonna richiede attualmente necessario rinnovare l’impegno sui seguenti obiettivi:

 

  • Coordinamento nazionale e locale di sistema: collaborazione trasversale, piramidale e integrata tra le istituzioni nazionali, regionali e locali, favorendo la sinergia con le ASL, il territorio e le strutture sanitarie attraverso azioni mirate che coinvolgano direttamente le comunità, facilitando l’accesso alle informazioni e alle opportunità di screening e vaccinazione.
  • Ripensare la spesa per la prevenzione: la spesa sanitaria per la prevenzione va considerata un investimento da parte del sistema pubblico, nella sua capacità di ridurre il burden economico relativo alle patologie esistenti e future che il SSN deve prendere in carico.
  • Promuovere programmi volti a creare una cultura della prevenzione fra i giovani: è necessario prevedere  programmi di educazione alla prevenzione primaria “di prossimità” nelle Scuole, nei contesti sportivi, nelle Università , che inducano a seguire  una nutrizione sana, una corretta attività fisica, ad aderire alle vaccinazioni e ad evitare fumo e alcol.
  • Coinvolgimento del terzo settore: è necessario raggiungere i cittadini che non adottano stili di vita corretti e che non aderiscono agli screening anche a causa di condizioni socio-economiche difficili. Per questo è imprescindibile il coinvolgimento del terzo settore determinante nel contribuire con campagne di sensibilizzazione su tutto il territorio.
  • Coinvolgimento dei MAP/MMG: è necessario un maggior coinvolgimento dei MAP/MMG sul territorio per la promozione capillare della prevenzione primaria e secondaria. 

Accanto alla necessità di far sedimentare una cultura sanitaria fin dalla giovane età, è fondamentale supportare gli screening, con particolare riferimento all’ambito oncologico. Risulta cruciale, infatti, contrastare il ritardo diagnostico, che implica purtroppo l’aumento dei tumori in stadio avanzato, e favorire la prevenzione primaria e secondaria tramite il controllo dei fattori di rischio e la vaccinazione contro le infezioni note per causare il cancro. In tale frangente, lo scenario descritto anche dal Rapporto “I numeri del 

cancro in Italia 2023” di AIOM evidenzia un andamento crescente dei numeri del cancro, con un incremento di oltre 18.000 casi nell’ultimo triennio. 

Più nello specifico, stando ai dati contenuti nel Rapporto, nel 2023 sono state stimate 395.000 nuove diagnosi: 208.000 negli uomini e 187.000 nelle donne. A livello di incidenza, nel Rapporto AIOM 2023 si registrano le seguenti evidenze per quanto riguarda la popolazione femminile:

  • i tumori della mammella continuano a essere di gran lunga le tipologie di tumori femminili più frequenti, rappresentando il 30% di tutti i tumori nelle donne (circa 56.000 nuovi casi);
  • il tumore del colon retto con 23.700 nuovi casi (12,7% dei tumori femminili) rappresenta il secondo tumore più frequente;
  • il tumore del polmone coinvolge 14.000 nuovi casi (7,4% dei tumori femminili);
  • i tumori dell’endometrio rappresentano il 5,5% dei tumori femminili (10.200 nuovi casi).

 

Secondo le stime diffuse, si prevede che nei prossimi 20 anni il numero assoluto di tumori aumenterà, in media, dell’1,3% circa per gli uomini e dello 0,6% circa per le donne. In questo scenario, risulta cruciale l’adesione ai programmi di screening e la loro estensione ad altre forme tumorali (prostata, stomaco e polmone): uno degli obiettivi dell’Unione Europea è attualmente assicurare l’offerta di screening per il tumore del colon-retto, della mammella e della cervice uterina ad almeno il 90% degli aventi diritto in tutti i Paesi membri entro il 2025. In Italia si rileva ad oggi l’adozione localmente di primi programmi di screening per il polmone e per la prostata. In particolare, per quanto riguarda il carcinoma polmonare, di cui nel 2024 sono stimate circa 44.831 nuove diagnosi, il decreto ministeriale dell’8 novembre 2021 ha stanziato 2 milioni di euro per i centri della “Rete italiana screening polmonare” (RISP), al fine di avviare programmi di prevenzione e monitoraggio del tumore polmonare in 18 centri italiani. I risultati di questi programmi dovrebbero offrire indicazioni sulla possibilità di estendere lo screening del carcinoma polmonare a popolazioni ad alto rischio in Italia.

A livello concreto, e per favorire un tasso di sopravvivenza sempre maggiore, è fondamentale agire innanzitutto su determinati elementi:  

  • la diagnosi precoce, promossa oltre che da un’adeguata cultura della prevenzione, anche dai programmi di screening offerti alla popolazione per alcuni tipi di tumore, ovvero: mammella, colon-retto e cervice uterina; 
  • l’accesso alle terapie innovative, sempre più mirate ed efficaci grazie a nuove strategie, come i farmaci a bersaglio molecolare e immunoterapia;
  • l’aggiornamento e il monitoraggio continuo dei Livelli Essenziali di Assistenza, al fine di assicurare la massima efficacia del Sistema Sanitario Nazionale.

 

In questo contesto, la corretta presa in carico dei pazienti non può prescindere da un intervento psico-oncologico specialistico, un elemento fondamentale nel trattamento del cancro. La comunicazione di una diagnosi oncologica costituisce un evento potenzialmente traumatico che può slatentizzare od acuire un disagio psicologico o psichiatrico preesistente, ma è anche in grado di scatenare un disturbo psicologico, clinicamente significativo, anche nel paziente che non ha mai sofferto di disturbi psicopatologici prima del cancro. Come evidenziato dai più recenti dati epidemiologici italiani, circa il 35% dei pazienti oncologici sviluppa diverse forme di psicopatologie tra cui depressione, ansia e disturbi dell’adattamento, con conseguente diminuzione del benessere psicologico e della qualità di vita, proprio a causa del carico psicosociale associato al trattamento del cancro. Per gestire al meglio tali disturbi, è indispensabile una valutazione accurata e una presa in carico psico-oncologica specialistica sin dai primi accessi del paziente, sia adulto che pediatrico, nei reparti di oncologia ed oncoematologia. Lo psico-oncologo (psicologo psicoterapeuta o psichiatra con una specifica formazione  in questa disciplina) professionista integrato nel team multidisciplinare oncologico, svolge un ruolo cruciale nel monitorare e trattare il disagio psicologico, utilizzando approcci psicoterapeutici specifici e scientificamente validati per migliorare la qualità della vita del paziente (e dei suoi familiari) e il loro adattamento alla malattia lungo tutto il percorso terapeutico.

 

Infine, per garantire che i professionisti sanitari possiedano le competenze necessarie, sarebbe auspicabile che la comunicazione medico-paziente venisse approfondita come materia di studio e formazione in ambito universitario, in modo tale da garantire effettivamente un consenso informato adeguato e una modalità comunicativa rispettosa, corretta e fruibile da tutti. A tal proposito, la collaborazione con il Ministero dell’Università e della Ricerca potrebbe rappresentare un passo importante per integrare questa disciplina nel curriculum dei corsi di laurea in medicina e nelle scuole di specializzazione, così da preparare i futuri medici ad affrontare con strumenti e competenza i diversi momenti del percorso oncologico.

 

Il Manifesto di Fondazione IncontraDonna richiede attualmente necessario rinnovare l’impegno sui seguenti obiettivi:

 

  • Garantire uniformità nei criteri dello screening mammografico su tutto il territorio nazionale ampliando la fascia d’età (LEA 45-74 anni) e aggiornarne le modalità: digitalizzazione del processo, dall’invito alla refertazione (tramite FSE o altro applicativo digitale, con accesso alle immagini di refertazione), inserimento della tomosintesi al I livello con maggiore soddisfazione dell’indagine stessa e minor numero di richiami al II livello con conseguenti risparmi di tempo per la donna e per il SSN. Occorre inoltre inserire la mammografia con mezzo di contrasto (CEM- Contrast Enhanced Mammography) nei LEA.

 

  • Garantire e finanziare tramite LEA il percorso specifico dedicato alle donne ad alto rischio per familiarità/mutazione genetica e per seno denso. Tale percorso è attualmente previsto in quasi tutte le delibere regionali, ma non applicato dalle singole Regioni, creando ulteriore disparità e disinformazione al riguardo del rischio più elevato per le donne portatrici di mutazione genetica e di quelle con seno denso.

 

  • Realizzare un codice nazionale di esenzione dal ticket per le prestazioni diagnostiche opportune in persone sane con mutazione genetica BRCA1, 2, CDH1 e degli altri geni che progressivamente sono frutto della ricerca e hanno una implicazione statisticamente significativa nella insorgenza del carcinoma mammario e ovarico (pancreas, prostata, stomaco) – riferimento codice D99 nei LEA. Tale esenzione si richiede non solo per indagini di sorveglianza mirate ad ovaio e mammella, ma anche agli altri organi (pancreas, prostata, stomaco) ove opportuno.

 

  • Prevedere nei LEA il DRG per la ricostruzione mammaria immediata con protesi o lembi e la mammectomia con ricostruzione bilaterale profilattica per la popolazione femminile sana selezionata portatrice di mutazione BRCA1, 2.

 

  • Garantire uniformità di accesso ai test genetici germinali (tra cui BRCA1 –2, CDH1) e ai test di profilazione genomica molecolare (come oncotype o endopredict o mammaprint), NGS su biopsia liquida e tessuto, rilevanti per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento oncologico, prevedendoli nei LEA.

 

  • Elaborare e divulgare raccomandazioni opportune volte alla prevenzione del Tumore della mammella per donne giovani (under 45) e donne anziane (over 74) da parte del Ministero della Salute.
  • Garantire l’accesso allo screening del carcinoma polmonare per le persone ad alto rischio, in base a età ed esposizione al tabacco, inserendo tale screening nei LEA. Avviare in coerenza con le raccomandazione della Commissione Europea gli screening per prostata e stomaco.
  • Attivare concretamente le Reti Oncologiche Regionali (ROR) con caratteristiche di equità e uniformità su tutto il territorio nazionale a garanzia dei pazienti oncologici (MTB, oncologia mutazionale, innovazione farmacologica).

 

  • Nel contesto delle Reti Oncologiche Regionali e dei presidi territoriali, ed a seguito di un corretto percorso di screening, si deve garantire costante intervento psico-oncologico specialistico nel processo di presa in carico di tutti i pazienti. Tale strumento risulta infatti necessario al fine di favorire il coinvolgimento sociale e lavorativo dei pazienti oncologici, nonché il loro pieno reinserimento a seguito di guarigione. 

Le malattie croniche rappresentano una priorità sanitaria per il nostro Paese, considerate anche le previsioni di invecchiamento della popolazione. La popolazione italiana affetta da condizioni di cronicità – più o meno 

severe – rappresenta il 38% del totale, ovvero 23 milioni di persone, a cui si aggiungono circa 4 milioni di persone non autosufficienti. In linea con le previsioni demografiche internazionali dei Paesi occidentali, inoltre, l’ISTAT ha stimato un incremento di 5 milioni degli over 65 per un totale del 34% della popolazione in Italia nei prossimi 20 anni.

 

Le spese per la gestione delle cronicità cubano circa il 70% delle risorse del SSN. Bisogna quindi intervenire tempestivamente sulla prevenzione e sulla cura delle cronicità e delle fragilità, ad oggi gestite principalmente quando già in fase acuta o in circostanze occasionali e non sistematiche.

 

La corretta prevenzione e lo sviluppo delle scienze mediche potrebbero infatti rimanere vane se non accompagnate da un miglioramento del nostro SSN in chiave di costruzione di un continuum tra i percorsi di prevenzione-diagnosi-cura, che possano garantire processi di presa in carico di lunga durata e integrati con la sanità digitale e la telemedicina. In questo senso, le strutture di prossimità e le risorse sul digitale del PNRR saranno essenziali, anche per favorire un alleggerimento dei carichi (sociali ed economici) che gravano sugli oltre 4 milioni di caregiver presenti in Italia, di cui circa il 70% sono donne. 

 

Tali esigenze, infatti, non derivano solo dall’evidente tendenza di crescita della popolazione fragile, ma anche dal fatto che alcune tra le più severe aree di patologia, dall’oncologia alla gestione dell’obesità e del diabete, dalla cardiologia alle demenze, prima sostanzialmente fatali, sono divenute croniche grazie ai più recenti sviluppi della ricerca.

In particolare, l’obesità rappresenta una delle patologie croniche più diffuse e complesse, derivante da molteplici fattori, spesso al di fuori del controllo individuale, e che richiede una valutazione globale del benessere della persona, sia fisico che psicologico. 

Essa costituisce un importante fattore di rischio modificabile per diverse patologie gravi, tra cui quelle cardiovascolari e oncologiche, e riguarda circa 4 adulti su 10 in Italia: il 33% della popolazione è in sovrappeso, mentre il 10% è obeso. Inoltre, l’obesità ha un impatto significativo sui bilanci della spesa pubblica. Una persona obesa costa al sistema sanitario circa il 25% in più rispetto a una persona con un peso nella norma, e in molte nazioni OCSE, l’obesità è responsabile di circa l’1-3% della spesa sanitaria totale. I pazienti con obesità grave o complicata hanno anche un rischio di ricovero ospedaliero 3-4 volte superiore rispetto alla popolazione normopeso.

Questi costi impongono la necessità di politiche sanitarie efficaci per la prevenzione e la gestione dell’obesità, non solo per migliorare la qualità della vita dei pazienti, ma anche per ridurre l’impatto economico sul sistema sanitario. Secondo l’indagine OECD del 2018, in Italia obesità e sovrappeso comportano una spesa sanitaria pro-capite di 230 euro all’anno, pari al 9% della spesa totale. Dall’analisi dei costi economici, sociali e sanitari legati all’eccesso ponderale in 52 paesi (inclusi l’area OCSE, 28 paesi dell’Unione Europea e G20), emerge che gli Stati spendono in media l’8.4% del bilancio del sistema sanitario per curare le comorbidità dell’obesità.

Riconoscere l’obesità come malattia cronica e inserirla nei LEA garantirebbe un accesso equo alle cure. Allo stesso modo, la piena attuazione della legge sull’obesità e del Piano Nazionale della Cronicità, con misure per la prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento, rappresentano passi fondamentali per un approccio integrato, sistematico e coordinato nella gestione e nell’assistenza. 

 

 In un simile contesto di necessità di impegno e gestione delle cronicità si inserisce il tumore metastatico e nello specifico, il tumore metastatico della mammella.

 

Fondazione IncontraDonna ha già avviato progetti per tutelare le donne affette da tumore metastatico della mammella che colpisce circa 40.000 donne in Italia. Il 6-7% dei casi si presenta già in fase metastatica al momento della diagnosi. L’obiettivo principale è migliorare la presa in carico delle persone che convivono con questa patologia che, pur non essendo ancora guaribile è sicuramente curabile in quanto le terapie mirate di ultima generazione sono in grado di controllare, rallentare e in alcuni casi cronicizzare la progressione della malattia, con un incremento della prospettiva di vita. Tra gli aspetti principali sui quali intervenire, anche al fine di garantire una migliore qualità di vita, vi sono: 

  • il potenziamento dei PDTA e il monitoraggio tramite indicatori oncologici sia nei centri di senologia che di oncologia;
  • il piano nutrizionale dedicato;
  • l’accesso all’innovazione farmacologica sia in termini di test (come quelli genomici anche a progressione di malattia) e di equa distribuzione fra le Regioni;
  • l’informazione e l’accesso ai trial clinici; 
  • il supporto psico- oncologico;
  • la rapidità nella richiesta di invalidità civile: si rende necessario rivedere l’iter delle revisioni continue dell’invalidità e dei permessi 104, prevedendo che, dopo un certo numero di revisioni, i pazienti siano esentati dall’obbligo di ripetere periodicamente queste procedure. Essendo il tumore metastatico della mammella una patologia non ancora guaribile, la necessità di raccogliere annualmente la documentazione e di affrontare visite presso le sedi INPS, comporta un onere considerevole per i pazienti. Inoltre, sarebbe auspicabile che nelle commissioni INPS fosse presente almeno uno specialista in oncologia, per garantire una adeguata conoscenza delle specificità dei pazienti oncologici e dei loro bisogni.

 

Inoltre, nel contesto assistenziale, in ambito oncologico e non solo, è fondamentale che l’attivazione delle cure palliative avvenga immediatamente al termine delle terapie oncologiche attive, senza ritardi che possano compromettere la qualità della vita del paziente. Si raccomanda che loncologo di riferimento o il medico di medicina generale (MMG) avvii il percorso di cure palliative (domiciliari o in hospice) entro un massimo di sette giorni dall’accertamento dell’impossibilità di prosecuzione di trattamenti attivi poiché inefficaci e dalla contestuale comunicazione al paziente, garantendo in questo modo un passaggio tempestivo e appropriato alla gestione dei bisogni clinici e assistenziali dello stesso. Al fine di ottimizzare tale processo, sarebbe auspicabile limplementazione di una procedura digitalizzata che consenta lattivazione automatica e contestuale delle cure palliative al momento della conclusione delle terapie attive, evitando ritardi burocratici e garantendo un accesso rapido alle risorse assistenziali. Questa modalità organizzativa è in linea con i principi della Legge 38/2010 sulla tutela del diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore, assicurando così un modello assistenziale centrato sulla paziente e sulla qualità delle cure erogate nelle fasi avanzate della malattia.

 

Il Manifesto di Fondazione IncontraDonna richiede attualmente necessario rinnovare l’impegno sui seguenti obiettivi:

 

  • Prevedere e applicare uno specifico PDTA per le donne con tumore metastatico della mammella come indicato dal PON (per i Centri di Senologia/ Breast Unit e i centri di oncologia). In tale contesto, risulta essenziale garantire l’integrazione ospedale -territorio e all’accesso a test dedicati alle pazienti metastatiche per consentire un adeguato inquadramento delle relative mutazioni genetiche e, di conseguenza, la strategia adattare di cura al miglior risultato, favorendo l’accesso alle terapie avanzate. 

 

  • Monitorare l’adozione di PDTA per il tumore metastatico della mammella sul territorio (anche tramite indicatori oncologici dedicati): è essenziale che in tutto il Paese vi sia una omogeneità di presa in carico e di trattamento per le pazienti affette da tumore metastatico della mammella al fine di garantire la migliore cura e assistenza in tutte le fasi della malattia.

 

  • Promuovere la connessione tra territorialità e anziani: promuovere, nel nuovo assetto territoriale della sanità, attività rivolte agli anziani (over 65) che contribuiscano all’adozione di corretti stili di vita e un approccio geriatrico per preservare un buono stato di salute e una buona qualità della vita.

 

  • Garantire l’aderenza alle terapie: monitorare, anche con il supporto della telemedicina, l’aderenza terapeutica, fondamentale nella gestione delle malattie croniche e nel prevenire l’insorgenza di comorbidità.

 

  • Supportare e riconoscere il ruolo del caregiver: prevedere un sostegno maggiore – anche grazie alle nuove strutture territoriali – dei caregiver, estendendo il ruolo e il conseguente riconoscimento economico dello stesso, a figure con comprovata relazione affettiva o amicale stabile, senza prevedere un obbligatorio vincolo di convivenza. Sarebbe, inoltre, necessario garantire loro un supporto psicologico, soprattutto se presenti figli minori. In questi casi, è importante dotare loro di strumenti che tengano conto della sensibilità e della preparazione necessarie per affrontare l’evoluzione della malattia, aspetto che i caregiver devono poter gestire adeguatamente.

 

  • Riconoscere l’obesità come patologia cronica e inserirla nei Livelli Essenziali di Assistenza: richiedere politiche sanitarie adeguate alla sua prevenzione e gestione. È fondamentale sviluppare e implementare approcci multidisciplinari, garantendo un approccio sistematico e coordinato del sistema salute per affrontare le comorbidità, migliorare la qualità della vita dei pazienti, ridurre l’impatto economico sul sistema sanitario nonché combattere lo stigma nei confronti delle persone con obesità prevedendo azioni di educazione e sensibilizzazione per la collettività.
  • Garantire l’attivazione tempestiva delle cure palliative: è necessaria la realizzazione di un processo digitalizzato che garantisca una presa in carico real-time del paziente del quale si è accertata impossibilità di prosecuzione di trattamenti attivi, previa corretta comunicazione e informazione dello stesso, sia in hospice o a domicilio, in linea con la Legge 38/2010 e con il modello assistenziale centrato sul paziente e sulla qualità di vita dello stesso.

Scarica il manifesto in versione digitale:

Manifesto Fondazione IncontraDonna 2025-2027.pdf

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Data di pubblicazione: 11/09/25

Scheda Sintetica Manifesto Fondazione IncontraDonna.pdf

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Data di pubblicazione: 19/09/25