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E se ho un problema al seno? Centri di Senologia

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Dall’aprile 2014 è stato elaborato un documento del ministero della salute che dà il via alle regioni (dal dicembre 2014) affinché individuino i centri senologi pubblici, integrati e interdisciplinari, che possano rispondere ai bisogni e accogliere le donne (e uomini) con una problematica senologica in un percorso.

I Centri di Senologia per essere considerati tali, devono trattare almeno 150 casi di tumore della mammella per anno, e i diversi specialisti che ne fanno parte, devono avere requisiti di qualità specifici per la branca senologica. Questi percorsi garantiscono alla paziente la migliore e più efficace diagnosi e cura, con una tempistica che non dovrebbe superare i 30-40 giorni dal momento della diagnosi e presa in carico. I Centri di Senologia sono pertanto un II-III livello ai quali approdare dopo un percorso di screening mammografico nel caso ci sia un problema da risolvere, un riferimento per tutte quelle donne che avendo effettuato indagini preliminari presso altri centri, o semplicemente, attraverso la autopalpazione scoprono la presenza di una anomalia del seno ( nodulo, tumefazione, microcalcificazioni, secrezione sierosa trasparente o di sangue dal capezzolo, escoriazioni del capezzolo che non guariscono, retrazione del capezzolo o della cute della mammella, ecc).

Non aspettate tempo, anche attraverso la App Pianeta Seno potrete trovare con geolocalizzazione tutti i centri di senologia di eccellenza della vostra regione che trattano più di 150 casi di tumore della mammella per anno, e pertanto con una esperienza specifica nel settore senologico.

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Adriana Bonifacino

IncontraDonna onlus, Presidente

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Cosa vuol dire partecipare a uno studio clinico

Quali sono le opportunità e quali gli svantaggi di entrare a far parte di una sperimentazione su un farmaco o su un approccio terapeutico innovativi per il cancro? Ne parliamo con Silvia Novello, Professore Ordinario di Oncologia Medica dell’Università di Torino e Consigliere Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica

di TIZIANA MORICONI
 

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Carlo aveva 67 anni quando cominciò ad avvertire un dolore continuo e intenso alla gamba sinistra: non riusciva più a camminare bene, né a dormire. I comuni anti-dolorifici non avevano alcun effetto. Il suo medico gli aveva allora prescritto una lastra. A quell’esame, però, ne seguirono altri: per primo una tac, che rivelò una possibile “lesione osteolitica secondaria”. Una metastasi all’osso. Ma di quale tumore? La risposta arrivò con la biopsia: lui, che non aveva mai fumato né aveva avuto problemi respiratori, nel giro di un mese si era ritrovato a dover fare i conti con un carcinoma polmonare al quarto stadio. All’inizio, la malattia sembrava rispondere bene alla cura standard (un farmaco a bersaglio molecolare, oltre alla radioterapia alla gamba, per controllare il dolore), ma dopo circa un anno, gli esami mostrarono nuove lesioni, segno che la cura non stava più funzionando. Bisognava cambiare. Una possibilità – gli disse la sua oncologa – era entrare in uno studio clinico. Carlo, infatti, presentava i requisiti richiesti per essere inserito in una sperimentazione: avrebbe potuto accedere a una cura sperimentale. C’era un “però”: Carlo viveva a Cagliari, in Sardegna, mentre lo studio si svolgeva a Torino. Valeva la pena, nelle sue condizioni, affrontare il viaggio e fare avanti e indietro per mesi, senza alcuna garanzia che la nuova cura sarebbe stata efficace? Gli sembrava di diventare una “cavia”. Però neanche l’alternativa – chemioterapia via endovena – gli piaceva granché. Decise di fidarsi della sua oncologa, senza capire fino in fondo a cosa stesse dicendo di sì e senza un’idea precisa di come funzionasse uno studio clinico.

Vantaggi e svantaggi di partecipare a uno studio clinico. Oggi, ad un anno e mezzo da quella scelta, la malattia di Carlo è stabile e ben controllata. “Ovviamente le cose non vanno sempre così”, spiega Silvia Novello, Professore Ordinario di Oncologia Medica presso il Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, Presidente di WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe) Onlus e Consigliere Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM): “Ci sono opportunità e rischi nel partecipare a una sperimentazione clinica, e spesso non sono ben chiari ai pazienti. Il vantaggio più importante è certamente quello di poter accedere a farmaci o ad approcci terapeutici innovativi – pensiamo per esempio a un tipo di intervento chirurgico o a un nuovo trattamento radioterapico – rispetto allo standard di cura. Inoltre può significare accedere ad una modalità di cura prima che questa diventi disponibile: in Italia, questo tema è particolarmente sentito, perché attraverso uno studio clinico si può ricevere un trattamento farmacologico magari già disponibile negli Stati Uniti, ma non ancora in Europa. Un altro aspetto da considerare è rappresentato dai frequenti controlli ed esami cui si deve sottoporre un paziente arruolato in uno studio clinico (si parla di almeno un accesso in ospedale a settimana, ndr.): alcuni pazienti percepiscono questo come un vantaggio, perché dà loro la sensazione di essere più seguiti, mentre per altri questo è uno svantaggio, perché li obbliga ad accedere spesso al centro oncologico, magari anche con problemi logistici legati alla distanza dal domicilio. Infine, una piccola percentuale di pazienti si sente gratificata dal contribuire alla ricerca”.

E per quanto riguarda i contro? “Uno svantaggio è quello della randomizzazione”, risponde Novello: “Per dimostrare che un nuovo approccio è più efficace dello standard di cura, i ricercatori devono spesso fare un paragone tra i due. A seconda del tipo di studio, è quindi possibile che un paziente non riceva il trattamento sperimentale, ma quello standard. La selezione è casuale e molto spesso “in cieco”, ossia nemmeno il ricercatore sa quali pazienti stanno effettuando uno o l’altro trattamento. Comprensibilmente, per un paziente questo è difficile da accettare. Vi è poi lo svantaggio di non sapere se il nuovo trattamento sarà davvero più efficace di quello standard: è importante far capire che non vi sono certezze ma si tratta, appunto, di uno studio che ha quasi sempre come alternativa il poter ricevere una cura standard, e che il parteciparvi è assolutamente volontario e con un consenso che può essere ritirato in qualsiasi momento il paziente lo desideri”.

Nessuno è una cavia. La percezione di cosa significhi partecipare a una sperimentazione cambia poi molto da persona a persona. C’è chi si sente un numero, e di conseguenza non ben seguito, anche quando trattato al di fuori di studi clinici: questo fa parte del vissuto e della percezione di ognuno di noi. La frase che ancora oggi è la più pronunciata dai non addetti ai lavori quando si parla di studi clinici è la stessa detta da Carlo: non voglio fare da cavia: “Spesso – racconta l’oncologa – i pazienti credono che saranno sottoposti a strani esperimenti. Questa paura si riscontra soprattutto in alcune fasce di età e va assolutamente tenuta in considerazione da parte dei medici. Credo che l’importante sia non dare mai l’impressione di cercare di ‘vendere qualcosa a tutti i costi’, di non dire che il nuovo trattamento è sicuramente migliore di ciò che è già disponibile e di non far pensare al paziente che se sarà arruolato in uno studio sarà seguito meglio. Si cerca sempre di spiegare tutti i dettagli degli studi clinici in maniera semplice, premettendo che in ogni caso, se anche non si aderisce alla sperimentazione, si riceverà comunque la terapia più indicata. Va anche chiarito che per partecipare ad uno studio clinico è necessario essere in cura presso il centro in cui lo stesso sia attivo, e questo può significare per alcuni pazienti – e le loro famiglie – doversi spostare”.

Le fasi di uno studio clinico. Gli studi clinici si distinguono, ad esempio, a seconda della fase di avanzamento dello sviluppo di una nuova molecola. Gli studi di fase I sono quelli in cui un approccio terapeutico già sperimentato in vitro o su animali viene testato sugli esseri umani. Che sia una nuova molecola, o una nuova combinazione di farmaci già testati, una nuova via di somministrazione, o una nuova formulazione, lo scopo è valutarne la tollerabilità e le proprietà farmacocinetiche (a quali dose agisce e come, e a quali diventa tossica).
A seguire, ci sono gli studi di fase II, che si svolgono solitamente su un gruppo piccolo e molto selezionato di pazienti (da 100 a 300 circa): possono essere studi terapeutici orientativi, per raccogliere dati sull’efficacia del farmaco, senza gruppo di controllo, o studi con un braccio di controllo (di paragone).
Negli studi di fase III il nuovo approccio – dimostratosi efficace e con un noto profilo di tossicità – viene confrontato con lo standard di cura. Sono studi solitamente molto ampi, che possono coinvolgere anche  mille o duemila pazienti, svolti in più centri. Infine ci sono gli studi di fase IV di farmacovigilanza, che sono condotti dopo la registrazione (ossia dopo la commercializzazione del nuovo approccio terapeutico), per approfondire le interazioni e determinare al meglio il valore terapeutico su una popolazione di pazienti molto più simile a quella che è presente in tutti gli ambulatori e quindi con criteri di selezione meno restrittivi rispetto alle altre fasi di studio.

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Piattaforma web di Aiom sugli studi clinici in Italia

La piattaforma web di Aiom. Per facilitare l’accesso alle sperimentazioni e migliorare l’informazione per i pazienti, lo scorso anno Aiom ha lanciato il database pubblico degli studi clinici in Italia, di cui Silvia Novello è responsabile scientifico: “Abbiamo voluto costruire uno strumento, primo e unico in Italia, che dia la possibilità sia ai professionisti sanitari sia ai pazienti di accedere a informazioni approfondite sugli studi clinici. La piattaforma web oggi conta circa 300 studi, che stimiamo siano circa un quinto di quelli attivi sul territorio nazionale: la raccolta dei dati è complessa e abbiamo bisogno della collaborazione di tutti i centri oncologici”.
Con una modalità molto semplice ed intuitiva, la ricerca può essere fatta per neoplasia, per farmaco, per città, per fase e tipo di sperimentazione, per linea di trattamento. Una volta individuati gli studi di interesse, si possono conoscere i criteri di inclusione e di esclusione, si possono leggere alcune informazioni riguardanti lo studio clinico e, cosa molto importante per i pazienti, viene riportato il nome e il contatto dei medici cui rivolgersi. Questo è un vantaggio per i pazienti e i loro familiari,  che possono così accedere a informazioni certe sui farmaci innovativi, ma anche per la ricerca clinica, che si avvale così di uno strumento aggiornato e facilmente fruibile.

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Supplementi dietetici e OTC (farmaci d banco) possono alterare il risultato degli esami di laboratorio

FONTE: Quotidiano Sanità

Maria Rita Montebelli Quotidiano Sanità 10 agosto 2018

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Il mercato degli OTC e dei supplementi dietetici è molto florido, negli Usa come in Europa, e le principali consumatrici sembrano essere le donne. Molte delle sostanze in essi contenute, possono però alterare il risultato degli esami di laboratorio e portare a diagnosi sbagliate. E troppo spesso, i medici sono ignari dell’assunzione, magari cronica, di questi prodotti da parte dei loro pazienti.

10 AGO – Al medico bisogna sempre dire tutto, senza omettere nulla. L’assunzione di farmaci OTC e di supplementi può ad esempio alterare il risultato degli esami di laboratorio, quindi è bene comunicarla al proprio medico. Il fenomeno del consumo di supplementi e farmaci OTC, un tempo degno di rilievo solo negli Usa (dove attualmente ogni famiglia spende in media 350 dollari l’anno per questi prodotti), sta diventando importante anche in Europa. Non sempre i pazienti ‘ricordano’ di comunicare al medico l’assunzione di questi prodotti. E’ esperienza comune, ma adesso lo rivela anche un’indagine pubblicata su Clinical Chemistry and Laboratory Medicine.

L’indagine, condotta su pazienti di 18 nazioni europee (200 pazienti per ogni Paese) ha dimostrato che le persone che assumono prodotti OTC e supplementi dietetici non sanno che possono alterare i risultati delle analisi di laboratorio e non ritengono importante comunicarli al medico. Ad assumere regolarmente almeno uno di questi prodotti è il 68% degli intervistati. I più gettonati sono risultati aspirina 17%), omega-3 (17%), supplementi multivitaminici (38%), multiminerali (34%), succo di mirtillo (20%). Le principali consumatrici sono le donne di mezz’età.

Molti di questi prodotti possono alterare i risultati degli esami di laboratorio. E portare dunque ad un’interpretazione errata degli stessi o addirittura a diagnosi errate.
Ad esempio: l’ingestione di cannella 12 ore prima del prelievo o a stretta distanza da questo può determinare una significativa riduzione della glicemia e migliorare la sensibilità all’insulina. Le pillole dimagranti contenenti pepe di cayenna, arance amare e amfetamine possono determinare danni miocardici e un’aumentata concentrazione di troponina e CKMB attraverso l’attivazione del sistema nervoso simpatico.
Il consumo di riso rosso e di estratti di tè verde sono stati associati ad alterazioni degli enzimi epatici. Il riso rosso è anche un inibitore della HMG-CoA reduttasi, enzima coinvolto nella sintesi del colesterolo e può quindi determinare una riduzione della colesterolemia.
Il mirtillo aumenta l’attività della paraoxonasi, riduce il PSA e regola l’espressione dei geni androgeno-dipendenti. Pompelmo e succo di clementine possono aumentare le concentrazioni di tacrolimus nei soggetti trapiantati di rene per induzione di vari trasportatori del farmaco ed enzimi farmaco-metabolizzanti.
Ginko biloba e il Sylibum marianum modificano l’attività degli enzimi microsomiali e attraverso questo meccanismo influenzano il metabolismo di molti farmaci.
I broccoli contengono un potenze induttore enzimatico, molto efficace nel proteggere il fegato dall’azione di una serie di xenobiotici (sostanze naturali o sintetiche che possono funzionare curative ma anche tossiche), grazie all’induzione di enzimi detossificanti e alla sintesi di glutatione.

 
Come comportarsi prima del prelievo per le analisi.

In epoca non sospetta, il Working Group for Preanalytical Phase (WG-PRE) della European Federation for Clinical Chemistry and Laboratory Medicine (EFLM) aveva già dettato il decalogo del ‘prelievo’ perfetto (per gli esami di laboratorio).
Il prelievo va effettuato tra le 7 e le 9 di mattina, dopo un digiuno di 12 ore. In questo periodo il paziente può bere acqua, ma le bevande alcoliche devono essere evitate almeno nelle 24 ore precedenti il prelievo. La mattina delle analisi i pazienti non dovrebbero fumare, né bere caffè, tè o bevande contenenti caffeina.
I pazienti dovrebbero evitare sforzi straordinari o attività fisica inusuale (maratone, nuoto nell’acqua gelata, ecc), come anche il consumo sporadico di qualunque sostanza, che possa influenzare i risultati degli esami di laboratorio, nei giorni precedenti il prelievo.
E’ il caso di ricordare che molte delle sostanze (cannella, riso rosso, mirtillo, arance amare, pepe di cayenna, broccoli, pompelmo, ecc), in grado di influenzare i risultati degli esami, sono ampiamente presenti nei prodotti OTC (farmaci da banco) e nei supplementi dietetici. Il medico va sempre informato del consumo di queste sostanze.
 
“Ci auguriamo – commenta la professoressa Ana-Maria Simundic dell’Ospedale Sveti Duh di Zagabria (Croazia) – di portare alla ribalta questo fenomeno per educare i pazienti circa i potenziali effetti dei farmaci OTC e dei supplementi dietetici sui risultati degli esami di laboratorio. Vorremmo anche incoraggiare i medici e lo staff dei laboratori a interagire più con i pazienti e a fargli domande dirette circa l’assunzione di questi prodotti.”
 
Maria Rita Montebelli Quotidiano Sanità 10 agosto 2018

 

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Biosimilari. Cosa sono e come funzionano

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Farmaci tecnologicamente avanzati, costosi e complessi da produrre, di natura biologica, destinati a malattie serie quali quelle reumatiche e oncologiche.

Vista la loro natura biologica, si chiamano “biosimilari” perché non possono essere considerati identici ma “elevatamente simili” ai prodotti già in commercio e che stanno perdendo con il passare degli anni il loro brevetto di eclusività. L’ingresso sul mercato, per chi potrà usufruirne, è completamente a carico del sistema sanitario nazionale, come per i biologici già esistenti.

Associazioni di pazienti, società scientifiche e AIFA (agenzia italiana del farmaco) sono al lavoro per introdurre gradualmente i biosimilari nelle diverse regioni, tutelando la salute dei pazienti in termini di efficacia delle cure, e cercando di non sostituire con biosimilare la terapia di chi è giù in cura. La decisione ultima di sostituzione sarà, comunque, affidata al medico che tiene in cura il paziente, e pertanto non automatica.

Il risparmio economico con i biosimilari potrebbe essere calcolato intorno ai 400 milioni l’anno, considerando che il loro costo è del 25-30% i meno rispetto ai biologici.

AIFA position paper biosimilari 2018

AIOM position paper biosimilari 2018

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Attenzione agli zuccheri!

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Abbiamo visto che ci sono molte persone che hanno picchi di livelli di glucosio e non lo sanno nemmeno“, ha detto Michael Snyder, professore di genetica a Stanford e autore senior dello studio. Quindi è stato monitorato l’effetto di tre tipi di colazioni diverse: una ciotola di cornflakes con latte, un sandwich al burro di arachidi e una barretta proteica. Più della metà delle persone i cui precedenti test glicemici avevano dato ‘valori normali’ ha raggiunto gli stessi livelli di zuccheri delle persone prediabetiche o diabetiche. In particolare l’80% dei partecipanti vedeva salire la glicemia dopo aver mangiato cereali e latte.

“Questo studio – spiega Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia (Sid) – conferma che il diabete è una malattia molto insidiosa, che negli stadi iniziali è difficile da diagnosticare, seppure anche in questa fase sia molto pericolosa. Conferma, inoltre, che avere la glicemia a digiuno nell’ambito dei valori normali non è garanzia di non essere diabetici o molto prossimi al diabete. Il messaggio finale è che non esistono cibi ideali per tutti e che una serie di variabili, ad esempio differente genetica o differente flora batterica intestinale possono determinare quali sono i cibi più ‘iperglicemizzanti’ in differenti individui.

“Basta La Salute” RAINEWS24 – Le nuove frontiere della medicina per la cura delle metastasi: se ne parla con la Prof.ssa Adriana Bonifacino del Sant’Andrea di Roma

Non è facile parlare di tumore metastatico, ma dobbiamo insieme abbattere questo muro di paura e non lasciare sole le persone che vivono una situazione oncologica di maggiore difficoltà.
Ci sono cure eccellenti, percorsi che non sono facili, ma esiste la cronicizzazione di malattia. E la voglia di vivere e di non mollare devono essere sempre al primo posto:
un grazie alla nostra Amica Alessandra Lalli, che anche in questa intervista ci insegna proprio questo.
Noi di IncontraDonna Onlus ci impegneremo a sostenere i pazienti con uno stato di malattia più avanzato perché insieme si affronta meglio!

#nevergiveup

Visite gratuite e informazione per la “Notte Rosa di Trasacco” in Abruzzo

Visite gratuite e informazione per la “Notte Rosa di Trasacco” in Abruzzo, presso il centro  diurno Alzheimer ‘Dr Loreto Ciofani’.

Un progetto di prevenzione a cura dell’Associazione IncontraDonna Onlus, coordinata dalla professoressa Adriana Bonifacino:  93 tra visite ed ecografie  offerte gratuitamente alle donne, grazie al  nuovo ecografo portatile di Esaote.

 

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Anticipare l’età dello screening mammografico?

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Negli USA la continua controversia sulla migliore età in cui iniziare lo screening mammografico ha esposto le donne al di sotto dei 50 anni ad un significativo incremento del rischio di ritardo delle diagnosi, il che ha portato a trattamenti più estensivi e costosi ed ha influenzato la qualità della vita. Questo dato è stato riportato da Elisa Port, direttrice del Dubin Breast Center di New York, secondo cui la riduzione del numero dei mammogrammi per via dei costi e del timore dei falsi positivi è una decisione che potrebbe essere pagata più avanti nel tempo al prezzo di un aumento di interventi chirurgici e chemioterapie.

La raccomandazione personale dell’autrice consiste nell’effettuare mammografie annuali a partire dall’età di 40 anni, ma le donne ad alto rischio potrebbero iniziare anche prima. In base a quanto riscontrato su un campione di 1.000 donne con tumore mammario, lo screening mammografico entro 24 mesi dalla diagnosi è associato ad una dimensione complessivamente ridotta dei tumori ed ad una minore probabilità di mastectomie, chemioterapie e dissezioni ascellari rispetto ad uno screening effettuato ad intervalli minimi di 25 mesi o non effettuato affatto.

Nelle donne fra i 40 ed i 49 anni inoltre, in cui lo screening mammografico rimane opzionale, le pazienti mai sottoposte a mammografia presentavano all’atto della diagnosi tumori molto più grandi rispetto a quelle controllate nei 24 mesi precedenti.

Per quanto sia stato inconfutabilmente dimostrato che il regolare screening mammografico riduca la mortalità, il presente studio dimostra che esso è anche associato a regimi terapeutici meno complessi ed ad un minor rischio di effetti collaterali indesiderabili che riducono la qualità della vita delle sopravvissute nel tempo.

Il processo decisionale riguardante l’impiego dello screening mammografico non dovrebbe tener conto soltanto dei vantaggi in termini di sopravvivenza, ma anche di altri esiti, fra cui il potenziale per un trattamento meno aggressivo. (American Society of Breast Surgeons 2018 Annual Meeting, presentazione del 4/5)

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Impatto di colore, delle danze,

di tutte voi, meravigliose donne,

fremito al frusciar di vostre gonne,

gioia nel ripensar di vecchie usanze.

 

Magari esser sul palco in quel momento

a volteggiar con voi splendide dame,

come non può pistillo senza stame

nel fiore che gioioso s’apre lento.

 

Fremente è il trasognar al vostro guardo

che ancor mi move il cuore e il sentimento

ed emozion, leggiadre creature

 

quale seminator sparget’al vento

Omaggiarvi vorrei in modo più degno

pel vostro valor, oh antiche essenze.

 

Franco Ricci