Ogni anno in Europa colpisce oltre 500.000 donne registrando un incremento del 25% negli ultimi 10 anni. Il rischio medio, per le donne europee, è di 1:8.

Ed in Italia? Pochi numeri: prima causa di morte tra i 35 ed i 50 anni, circa 48.000 nuovi casi per anno, rischio di 1:8 nel corso della vita, 520.000 donne (una città di medie dimensioni) attualmente affette, abbastanza omogeneamente distribuite per fasce di età (20% al di sotto dei 50 anni di età, 45% tra i 50 e 69 anni – età dello screening mammografico- e 35% al di sopra dei 70 anni). L’impatto emotivo di queste informazioni va controllato alla luce dei recenti dati riguardo la sopravvivenza inseriti nel rapporto AIRTUM 2014 (oltre l’85% a 5 anni).

Insomma, altissime sopravvivenze in tutte le fasce di età colpite. Ma che succede se valutiamo la sopravvivenza a seconda dello stadio clinico in cui intercettiamo la malattia?

Più la diagnosi è precoce e più è alta la sopravvivenza, tanto da poter affermare che in stadio subclinico (cioè quando la lesione non è palpabile e la diagnosi è frutto della prevenzione), il cancro al seno possa essere sconfitto sino al 98% dei casi. E se vediamo la tendenza nel corso degli ultimi 40 anni, osserviamo che la forbice tra incidenza e mortalità si allarga sempre più: quindi è vero sempre più casi, ma è altrettanto vero sempre meno sconfitte.

 

La prima domanda che vi siete posti è stata sicuramente: “Quali sono le cause di questo aumento di incidenza?”.

Tutti i tumori riconoscono fattori di rischio multipli e concorrenti, genetici ed ambientali. Il tumore al seno non fa eccezioni: qui basti dire che l’impatto della genetica non è altissimo (intorno al 10% dei casi). Il resto lo fa l’ambiente, l'alimentazione, gli ormoni cioè dove e come viviamo…

 

La seconda domanda riguarda a cosa dobbiamo il miglioramento della “prognosi”, cioè la diminuzione della mortalità.

A riguardo esistono dati più concreti e scientificamente validati: è dovuto in gran parte alla diagnosi precoce e, pertanto, prevalentemente alla validità dei programmi di screening. In 5 anni in Italia la mammografia eseguita in assenza di sintomi è passata dal 58% (1999-2000) al 71% (2004-2005); nel 1987 era eseguita da meno del 25% delle donne (dati ISTAT). Certamente poi, anche la efficacia di terapie chirurgiche, oncologiche e radioterapiche sempre più personalizzate e mirate ha un’azione determinante sulla sopravvivenza libera da malattia.

 

 

Prof. Augusto Lombardi

U.O.S. Chirurgia Senologia

A.O. Sant'Andrea - Roma

Sapienza Università di Roma