Ci sono molti modi per parlare di tumore al seno. Attraverso le statistiche o presentando le nuove cure, ad esempio.  Sabato 15 giugno 2019 abbiamo deciso di usare la lente della relazione. Quella tra pazienti, donne che diventano amiche, quella tra medici e pazienti, e perché no, anche quella tra dottori. Professionisti che vanno oltre e che, per prendere in prestito una metafora del professor Sandro Spinsanti intervenuto al convegno, scelgono di essere Copernicani in un mondo di Tolemaici.

Nonostante il caldo romano, circa un centinaio di persone hanno raggiunto l’oratorio del Gonfalone per assistere al convegno “Tumore al seno – Quando il virtuale incontra il reale, le terapie curano, le relazioni guariscono”.

«Ho lavorato molto negli anni addietro con il volontariato – ha detto la Prof.ssa Adriana Bonifacino, presidente di IncontraDonna onlus - però mi accorgevo che era una modalità che mi allontanava dalle persone, in Parlamento europeo ad esempio, o come tesoriere, non avevo un rapporto diretto con le persone e mi mancava. Credo che l’associazione sia nata proprio da questo bisogno di relazione, per lanciare un paracadute a chi si sentiva precipitare».

Chi riceve una diagnosi di tumore al seno spesso va in frantumi. Rimettere insieme i cocci e ricostruire un’identità è un lavoro faticoso che si alleggerisce se si può fare con il supporto di altre donne, di medici empatici, disposti ad ascoltare la narrazione del paziente. Molte donne hanno trovato sollievo e aiuto nel forum “Ragazze Fuori di Seno”, un luogo virtuale, con 700 utenti e quasi centomila commenti, in cui le donne si incontrano perché hanno in comune una patologia. Un posto in cui ci si ritrova quotidianamente: c’è la ragazza che dà il buongiorno e offre il caffè a tutte, quella che offre consulenze in materia di lavoro, ognuna ci mette del suo.

«Alleniamo la resilienza – spiega il dottor Catania, ideatore e facilitatore del blog -  perché non ha senso resistere. Invito le ragazze ad essere proattive, che vuol dire essere protagonista del proprio destino, assumersi la responsabilità di quello che si fa, essere consapevole di incidere, almeno in parte, sulla realtà».

Il dottor Marco Testa, cardiologo, ha parlato di medicina narrativa e digitale chiudendo il suo intervento con una frase di Hannah Arendt: «La narrazione, si sa, è un’arte delicata, essa rivela il significato senza commettere l’errore di definirlo».

C’è stato poi l’incontro tra alcune ragazze del forum ed altre di IncontraDonna onlus. La tavola rotonda è stata moderata da Carmen Vogani, giornalista, che ha dichiarato dal palco: «Mettere insieme due realtà che si occupano dello stesso tema è molto difficile, voi oggi qui avete compiuto un miracolo».

Anche l’arte può essere un modo per elaborare la malattia. Lo sa bene Isabella Di Leo, autrice del fumetto TriploGuaio, in libreria dal 4 luglio per Becco Giallo editore. «Alla scoperta del cancro, a 28 anni, sono caduta in un baratro – ha raccontato – ho fatto la chemioterapia neoadiuvante e poi ho scoperto di avere la mutazione Brca1 e a un certo punto mi sono detta che mi ero rotta le scatole di essere triste e ho pensato che aspetto avrebbe il mio cancro se fosse un personaggio dei fumetti?»

«Fate della vostra vita un capolavoro», ha invitato nelle conclusioni il professor Sandro Spinsanti, fondatore e direttore dell’istituto Giano per le medical Humanities, mentre la dottoressa Elvira Colella del Regina Elena ha letto un estratto scritto da una paziente del progetto di medicina narrativa dell’IFO: «Grazie al tumore ho imparato a vivere una vita più piena, più intensa, più felice. Grazie al tumore ho capito che i veri problemi non sono la stanchezza a fine giornata lavorativa, l’autobus che non passa, il ritardo a un appuntamento, la macchina che non parte. Grazie al tumore, io e mio marito abbiamo avviato le pratiche per adottare un bambino. Se non ci fosse il tumore forse avrei altre cose, ma ne avrei perse anche molte altre».


 

FOTO DI MIRKO BERTARELLI