Il mensile Live dedica, nel numero in edicola giovedì 11 aprile con Repubblica, un dossier alla salute del seno. Una senologa scrive all'attrice: "Ora più facile prevenire grazie alla diffusione dei test genetici"

di ADRIANA BONIFACINO

Cara Angelina,

la notizia che lei è portatrice di una mutazione genetica Brca 1 e perciò ha effettuato una mastectomia bilaterale e l'asportazione delle ovaie, in pochi minuti ha fatto il giro del mondo, e non so con quanta consapevolezza ha cambiato in quei pochi minuti l'approccio alla genetica da parte di scienziati e gente comune nel mondo intero.

Un mondo sotterraneo e temuto quello delle mutazioni genetiche; qualcosa che spaventa, qualcosa di ignoto; qualcosa che può essere dentro di noi, nel nostro Dna, che possiamo aver ricevuto e che possiamo tramandare ai nostri figli. "Un anomalo, difetto di fabbrica": così, vissuto, dalla maggior parte della popolazione. Qualcosa che è meglio nascondere, non conoscere, facendo finta che non esista.

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E improvvisamente arriva lei, dirompente, in tutta la sua bellezza e determinazione, a scardinare drammaticamente questo silenzio, questo muro fatto di sapere e non sapere, fatto di paura; quella paura che ci rende ciechi e sordi al richiamo della conoscenza e della consapevolezza.

Con molto garbo, ma altrettanta forza e determinazione, ha dato un messaggio al mondo: "La consapevolezza, la conoscenza possono salvarci; ho la mutazione Brca 1, la stessa di mia madre e di mia zia".

"Cara Angelina, ti dico grazie la tua scelta contro il cancro sta salvando tante donne"

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Essere portatori di una mutazione non è certo una fortuna, ma individuarla, conoscerne le caratteristiche, sapere cosa potrebbe comportare, e soprattutto poter trovare un rimedio perché non ci sorprenda impreparati, equivale ad aver scelto la vita. "Scelgo di non mantenere privata la mia storia perché ci sono molte donne che non sanno che potrebbero vivere sotto l'ombra del cancro - scrive - La mia speranza è che anche loro siano in grado di testare i geni e che, nel caso di un rischio elevato, anche loro sapranno di avere opzioni, scelte, importanti. Desidero incoraggiare ogni donna, specialmente quelle con una storia familiare importante di cancro al seno o alle ovaie, a cercare le informazioni e gli esperti che possano aiutarle a fare scelte consapevoli".

Da quel giorno di maggio ha acceso i riflettori su una tematica che noi medici, oncologi, genetisti, abbiamo fino ad allora faticato, e non poco, ad affrontare con i nostri pazienti. Per giorni e giorni telefoni dei centri di senologia e di patologie femminili, come impazziti. Anche tanta disinformazione. Ricordo che molta stampa italiana, a differenza di quanto accaduto all'estero, l'ha tacciata di "divismo hollywodiano", ha scritto che la Jolie toglieva mammelle e ovaie per la paura di contrarre il cancro; il seme del sospetto di uno scoop giornalistico si è impossessato dell'autorevolezza mediatica del nostro paese. Ma a quale scopo lo avrebbe fatto, mi domando? Aveva forse necessità di pubblicità? O forse, invece, con quanto dichiarato avrebbe corso il rischio di mettere in difficoltà la sua persona? I produttori cinematografici l'avrebbero guardata con un occhio diverso e curioso per valutare se la integrità fisica e la bellezza della Jolie fossero state messe a dura prova da interventi chirurgici demolitivi anche se poi ricostruttivi. Ma lei ha scelto per le donne, ha scelto per la vita e per vivere, ha scelto di vedere crescere i suoi figli, ha scelto quello che sua madre e sua zia non hanno potuto scegliere, ha scelto per la corretta informazione e la corretta divulgazione. Si è messa in gioco e ha vinto.
Non a caso quando parliamo alle nostre pazienti (anche uomini, comunque, che non sono esentati dal Brca 1 e 2) spesso la nominiamo; molti capiscono di cosa stiamo parlando solo se decliniamo il Brca in "gene Jolie"; spesso è nominata anche in contesti scientifici e la sua immagine troneggia nelle presentazioni ai convegni.

Perché le scrivo oggi? Perché abbiamo vinto un'altra grande battaglia in Italia proprio in questi giorni. L'Inps ha riconosciuto l'invalidità alle donne con mutazione genetica Brca 1 e 2 che si sottopongono agli interventi chirurgici per abbattere il rischio di malattia. Alcune associazioni di pazienti, AIMAC, ABrcaDaBra, si sono molto spese per questo obiettivo. E ce l'abbiamo fatta. Grazie a lei. Sono certa che se non ci fosse stato quel maggio 2013, se lei non avesse alzato questo velo tutt'altro che trasparente, se lei avesse vissuto questa esperienza nella intimità della sua persona e della sua famiglia, ancora oggi non avremmo i documenti regionali per la sorveglianza degli alto rischio, non avremmo pazienti che ci chiedono se possono sottoporsi al test genetico, non avremmo ottenuto la invalidità per le mutate sane, o quanto meno avremmo avuto una strada molto più in salita e incontrato molte più difficoltà.

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Ma siamo solo all'inizio. La ricerca lavora alacremente per la genetica. Il futuro è roseo, ma molto c'è ancora da scoprire e conoscere, tante ancora le battaglie da combattere, tante le vittorie da raggiungere.

- (l'autrice è la responsabile della Senologia all'ospedale Sant'Andrea, Sapienza Università di Roma)

 

 

FONTE: LA REPUBBLICA